«La mia? Una vita normalissima!». Sorride sulle sue parole, Vincenzo Peluso, l’attore e regista italiano che in questi giorni è tornato al “suo” paese per una breve vacanza e, con piacere, ricorda le sue radici, per metà carbonaresi. Lascia la Campania per inseguire il sogno di calcare il palcoscenico e conquistare il grande pubblico e dal suo esordio nel ’92, da allora, non ha più smesso. Dal paesino di Carbonara di Nola abbandona la vita “da provinciale” per iniziarne una nuova: quella cittadina. Lo abbiamo visto protagonista di svariati filme serie televisive: da Il ladro di bambini, Quello che le ragazze non dicono a Il commissario Montalbano e Rosso San Valentino. Molti, troppi per ricordarli tutti. Tornerà da protagonista sul set che già lo attende per girare scene della nuova serie di “Un caso di coscienza”. «Da sempre il cinema è il mio mestiere, pur non avendo mai esordito su un palcoscenico teatrale. Faccio teatro sì, ma il mio teatro», così si racconta. «Dal teatro al cinema, oggi ormai il palcoscenico è per pochi, è l’élite di quei pochi che possono irrompere sulla scena e fare questo “mestiere”. Un mestiere in cui bisogna avere piena consapevolezza di cosa sia la bravura, il talento, quello innato, quella dote che, come si suol dire, si ha nel Dna», continua lo stesso attore. «Non da sottovalutare anche la consapevolezza dell’estetica, del “bello”, qualità di cui oggi molti registi sono a caccia». Ma il famoso personaggio carbonarese non smette di stupire il suo pubblico. Lo ritroviamo, infatti, anche nelle vesti di regista, tanti i cortometraggi da egli stesso diretti. Inoltre, nei suoi programmi futuri, si cimenterà nella creazione di un lungometraggio, per cui va “a caccia” di un produttore. «E da regista?», riflette prima di rispondere il famoso Peluso. «Da regista sono spietatamente rigido. Ci si deve avvalere di questo per riconoscere il vero talento, che è la stoffa per andare avanti, perché la bellezza non è tutto. Bisogna formarsi, convincersi che le scuole di recitazione servono davvero, dove maggiore è la formazione maggiore sarà il livello attoriale», conclude lo stesso. Eppure nonostante la vita cittadina, quella affollata rispetto alla piccola provincia, ciò non basta a fargli dimenticare ricordi e sentimenti che lo legano al paese carbonarese, dove ha trascorso «una grande “fetta” d’infanzia», così ricorda. «Bellissimi i ricordi che ho degli amici, delle “scorribande”, volendo dirla alla Troisi. Sono legatissimo a questo paese a cui devo tanto. La genuinità dello stesso, la sincerità dell’amicizia vissuta tra le stradine. Insomma, Carbonara mi ha lasciato dei valori che in città non avrei mai potuto acquisire. Da non dimenticare l’aria che si respira, quella sana, quella che non ritrovo in nessun luogo se non ritornando qui. Ciò che ricordo con piacere è la tradizione che oggi sembra si sia persa: tradizionale era il “passeggio” dei giovani che si incontravano di sera, ma anche le feste di paese la cui illuminazione era una vera e propria gioia». Ed oggi? «Creiamo un diversivo. Un luogo in cui invitare gente, un luogo in cui si dia spazio ai giovani, a chi voglia essere alla luce dei riflettori. Allora, mi chiedo, perché non creare un teatro?»
Antonella Chiarolanza
Il Pappagallo, Anno XVII Numero 288, Luglio 2013, Pag. 28