Carbonara, un miracolo nel nome dell’angelo guerriero

di Pasquale Iorio 

Dal finestrino dell’auto l’attenzione viene subito catturata da viuzze strette che corrono tra fazzoletti di terra o s’intrufolano tra caratteristici giardini sotto una pioggia di agrumi. Un manifesto murale con la scritta «Comune di Carbonara di Nola, provincia di Napoli» mi dà la certezza di essere giunto a destinazione. Le lancette del mio orologio segnano le otto e un quarto. Per strada non c’è quasi nessuno. Lungo via Roma due anziane vestite di nero percorrono a piccoli passi la strada che sale dolcemente al cuore di questo piccolo comune. Perché sono qui? Ho sentito parlare di una storia molto particolare. E stamattina voglio capirne qualcosa in più. Seguitemi. 

Parcheggio a pochi passi dall’ufficio postale. La piazza principale è interessata da lavori di riqualificazione. «Tra qualche settimana sistemeranno una nuova fontana, di quelle moderne, a raso pavimento» mi dice un vecchietto appoggiato all’ingresso del bar. L’orologio civico mi guarda severo. La cinquecentesca chiesetta dell’Annunziata è aperta. Alle 8.30 padre Elio celebrerà la Messa. Ho giusto il tempo di un caffè. Approfitto. Poi entrerò in quell’edificio sacro protetto da un enorme cancello. Uno dei pochi che non figura tra i beni della Chiesa perché di proprietà comunale. 

Mi siedo su una panca di legno. Sull’altare maggiore è custodita la preziosa tavola dell’Annunciazione firmata da Marco Mele, allievo del celeberrimo pittore Fabrizio Santafede. A sinistra c’è la statua lignea di San Michele Arcangelo, intorno alla quale è fiorito un pio leggendario. Si narra che in precedenza si trovasse in una chiesetta arroccata alla montagna di Sant’Angelo e che gli abitanti di Palma Campania si adoperarono lungo tempo per portarla via da quel tempio destinato a scomparire, ma non riuscirono: la statua risultava così pesante da non muoversi di un centimetro. Particolare che spaventò non poco i palmesi che intenzionati a condurla proprio nella chiesa dedicata a San Michele Arcangelo in largo Parrocchia. 

Negli anni venti dell’Ottocento una squadra di giovani carbonaresi, motivata dalla forte devozione, riprovò. La statua, legata ai modelli Sanmartiniani, «straordinariamente divenne leggera e trasportabile». Fu così che tra lo stupore generale San Michele si avviò verso il centro di Carbonara e, passando per via Fortuna, giunse in piazza Municipio. Sul sagrato dell’Annunziata, però, ci si accorge che manca l’indice della mano sinistra. Un grande sgomento che segna una giornata di gioia. Forse durante il trasporto tra le stradine di montagna urtò a qualche ramo sporgente, spezzandosi. Tutti si lanciano alla ricerca promettendo che «la statua avrebbe fatto ingresso in chiesa solo ad avvenuto ritrovamento». 

Lo ritrova un giovane sordomuto che, dopo poco, riacquista miracolosamente il dono della favella. E dell’udito. Nessuno ricorda il nome, né il volto, di questo ragazzo divenuto il simbolo dei prodigi miracolosi del San Michele venerato qui. 

Al termine della celebrazione mi avvicino alla statua dell’angelo guerriero che, in nome di Dio, rivestito di armatura dorata, lotta perennemente contro il demonio. Ad osservarlo con attenzione l’indice conserva ancora i segni di un ricongiungimento. Una sorta di anello intorno ad un racconto che continua ad emozionare.

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